Ultimamente il tempo trascorso a casa è aumentato molto e in tanti ci siamo divertiti mettendoci ai fornelli per sperimentare nuove ricette o semplicemente farne una semplice: il pane.
Mettere “le mani in pasta” ci restituisce il sapore della tradizione e ci porta indietro nel tempo, tanto lontano quanto sono le origini di questo alimento base della nostra dieta, da secoli.
In Toscana il pane ha da sempre ricoperto un ruolo importante ed è diventato protagonista di molte ricette che anche i più poveri potevano mettere in tavolo con facilità.
Nella campagna intorno Firenze il grano è sempre stato coltivato in grandi quantità, ma non solo, anche altri tipologie di cereali si diffusero in maniera notevole e furono utilizzate per la produzione di diversi tipi di farina.
La farina di frumento era la più pregiata e serviva per fare il classico pane bianco, queste pagnotte si trovavano solo nelle tavole dei più ricchi e soprattutto nei giorni di festa, mentre nelle tavole comuni si consumava il pane fatto con la farina di crusca, di segale, di orzo o con un “mischione” di farine diverse.
Al pane classico vanno poi aggiunti i pani “speciali” quelli con i semi, la frutta secca, erbe e spezie o quelli dolci con miele e canditi che a Firenze sono gli antenati del pan di ramerino.
Se eravamo convinti quindi che in passato il pane fosse di un solo tipo, ci sbagliavamo, esisteva una varietà degna degli scaffali di una moderna panetteria.
Parlando del pane in Toscana non possiamo omettere certamente la sua caratteristica più famosa: l’essere “sciocco”.
Addirittura nel paradiso di Dante, Cacciaguida profetizza al poeta l’esilio con queste parole: “tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”.
Il perché del pane sciapo è soggetto a varie interpretazioni, la più plausibile è che il sale era troppo caro a causa delle alte tasse e per questo si decide di farne a meno, non si poteva mica rinunciare a fare il pane!
Nella campagna intorno Firenze il grano è sempre stato coltivato in grandi quantità, ma non solo, anche altri tipologie di cereali si diffusero in maniera notevole e furono utilizzate per la produzione di diversi tipi di farina.
La farina di frumento era la più pregiata e serviva per fare il classico pane bianco, queste pagnotte si trovavano solo nelle tavole dei più ricchi e soprattutto nei giorni di festa, mentre nelle tavole comuni si consumava il pane fatto con la farina di crusca, di segale, di orzo o con un “mischione” di farine diverse.
Al pane classico vanno poi aggiunti i pani “speciali” quelli con i semi, la frutta secca, erbe e spezie o quelli dolci con miele e canditi che a Firenze sono gli antenati del pan di ramerino.
Se eravamo convinti quindi che in passato il pane fosse di un solo tipo, ci sbagliavamo, esisteva una varietà degna degli scaffali di una moderna panetteria.
Parlando del pane in Toscana non possiamo omettere certamente la sua caratteristica più famosa: l’essere “sciocco”.
Addirittura nel paradiso di Dante, Cacciaguida profetizza al poeta l’esilio con queste parole: “tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui”.
Il perché del pane sciapo è soggetto a varie interpretazioni, la più plausibile è che il sale era troppo caro a causa delle alte tasse e per questo si decide di farne a meno, non si poteva mica rinunciare a fare il pane!
Il pane quindi è su tutte le tavole, ma non ha una lunga conservazione e quando diventa raffermo? Niente si spreca, soprattutto nelle case dei più poveri, ecco che nascono così alcune delle ricette toscane più classiche.
E allora entriamo in una tipica cucina del contado fiorentino e vediamo cosa bolle in pentola!
A dominare l’ambiente il grande camino: un braciere quasi sempre acceso al centro della stanza, intorno ad esso panche di terra battuta dove la famiglia si riuniva e sul fuoco un calderone che bolle…
Un esempio di casa fiorentina lo possiamo vedere a Palazzo Davanzati.
Una delle più classiche pietanze toscane, si tratta di una minestra fatta con il pane e le verdure che veniva cotta e poi ribollita e ribollita di nuovo ad ogni nuovo pasto fino a che non si vuotava tutto il calderone!
Pellegrino Artusi nella sua opera La scienza in cucina ce ne fornisce una versione!
Pane raffermo, olio, sale e pomodoro: ecco fatto la pappa al pomodoro! Questo piatto diventa famoso grazie al personaggio di Giamburrasca, che rivendicava la pappa al posto della brodaglia che passava la mensa del collegio, ma già i contadini sostenevano che mangiare pappa al pomodoro allungasse la vita!
Il pane quindi è su tutte le tavole, ma non ha una lunga conservazione e quando diventa raffermo? Niente si spreca, soprattutto nelle case dei più poveri, ecco che nascono così alcune delle ricette toscane più classiche.
E allora entriamo in una tipica cucina del contado fiorentino e vediamo cosa bolle in pentola!
A dominare l’ambiente il grande camino: un braciere quasi sempre acceso al centro della stanza, intorno ad esso panche di terra battuta dove la famiglia si riuniva e sul fuoco un calderone che bolle…
Un esempio di casa fiorentina lo possiamo vedere a Palazzo Davanzati.
Una delle più classiche pietanze toscane, si tratta di una minestra fatta con il pane e le verdure che veniva cotta e poi ribollita e ribollita di nuovo ad ogni nuovo pasto fino a che non si vuotava tutto il calderone!
Pellegrino Artusi nella sua opera La scienza in cucina ce ne fornisce una versione!
Pane raffermo, olio, sale e pomodoro: ecco fatto la pappa al pomodoro! Questo piatto diventa famoso grazie al personaggio di Giamburrasca, che rivendicava la pappa al posto della brodaglia che passava la mensa del collegio, ma già i contadini sostenevano che mangiare pappa al pomodoro allungasse la vita!
Un piatto più estivo è invece la panzanella. Torna l’elemento dominante: il pane raffermo, questa volta bagnato con acqua e aceto e condito con verdure fresche. Forse durante le merende a base di panzanella tante erano le panzane, cioè le frottole, che venivano raccontate dagli amici, da qui il nome panzanella!
Sei curioso di conoscere l’origine di questo antico piatto? Leggi il nostro articolo.