Seicento anni fa venne intrapresa una delle imprese più grandiose di sempre: la realizzazione della Cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. Oggi osserviamo con ammirazione il colosso di marmo e mattoni rossi, imponente e magnifico, mentre si staglia sul cielo azzurro della città. Eppure pochi sanno quanto sia stato geniale l’estro del suo architetto, un orafo che riuscì a risolvere una delle situazioni più complesse della storia.
Nel 1418 l’Opera del Duomo aveva portato a termine l’intero edificio, mancava solo la cupola a chiudere il cantiere. Per l’occasione fu indetto un concorso per valutare i progetti e scegliere il migliore da realizzare. L’Opera del Duomo aveva richiesto che non si realizzasse una semplice cupola a tutto sesto, come era in uso fino a quel momento, ma che si creasse una cupola molto alta formata da otto spicchi. A queste richieste si aggiungevano gli svariati problemi emersi fino a quel punto della costruzione. Riuscire a voltare questa cupola sembrava un’impresa davvero impossibile!
Rispetto al progetto iniziale di Arnolfo Di Cambio, la base della cupola era stata allargata notevolmente, fino a raggiungere 55 metri di diametro. Questo coro era più grande del Pantheon, la costruzione con la cupola dal diametro più ampio che esistesse al mondo. Bisogna considerare, inoltre, che la base su cui la cupola doveva ergersi era un ottagono imperfetto, privo di un centro. Fino ad allora nessuno conosceva delle tecniche architettoniche in grado di costruire una cupola così alta e così ampia, tanto meno partendo da una base ottagonale.
Coloro che si susseguirono nel cantiere dopo Arnolfo, sollecitati dalle richieste dei committenti di creare la più grande cattedrale che il mondo avesse visto, costruirono un tamburo al di sopra del coro, per innalzare ancora di più la cupola. Questo espediente, purtroppo, rese vano qualsiasi tipo di appoggio sulla base, determinando uno dei problemi più difficili da risolvere: la cupola doveva essere autoportante durante tutte le fasi costruttive.
Infine, la mancanza di legname nel territorio circostante faceva sì che l’intera costruzione procedesse senza la possibilità di usare le tradizionali centine, ovvero delle armature in legno che sostenessero la cupola durante l’asciugatura della malta.
Nel 1420, dopo lunghi e minuziosi calcoli e progetti, Brunelleschi iniziò la sua opera e la portò a termine in soli 16 anni, rivoluzionando totalmente le tecniche costruttive del tempo e inaugurando la nuova stagione rinascimentale.
Brunelleschi propose all’Opera un progetto arditissimo. Le tecniche impiegate furono il risultato di lunghi studi e diverse sperimentazioni. Egli riprese sicuramente l’architettura classica e quella persiana e sfruttò tutte le conoscenze di geometria e matematica del tempo. Tutti questi aspetti rendono la cupola un unicum nella storia, un’opera di frontiera tra l’epoca antica e quella moderna.
Nel 1418 l’Opera del Duomo aveva portato a termine l’intero edificio, mancava solo la cupola a chiudere il cantiere. Per l’occasione fu indetto un concorso per valutare i progetti e scegliere il migliore da realizzare. L’Opera del Duomo aveva richiesto che non si realizzasse una semplice cupola a tutto sesto, come era in uso fino a quel momento, ma che si creasse una cupola molto alta formata da otto spicchi. A queste richieste si aggiungevano gli svariati problemi emersi fino a quel punto della costruzione. Riuscire a voltare questa cupola sembrava un’impresa davvero impossibile!
Rispetto al progetto iniziale di Arnolfo Di Cambio, la base della cupola era stata allargata notevolmente, fino a raggiungere 55 metri di diametro. Questo coro era più grande del Pantheon, la costruzione con la cupola dal diametro più ampio che esistesse al mondo. Bisogna considerare, inoltre, che la base su cui la cupola doveva ergersi era un ottagono imperfetto, privo di un centro. Fino ad allora nessuno conosceva delle tecniche architettoniche in grado di costruire una cupola così alta e così ampia, tanto meno partendo da una base ottagonale.
Coloro che si susseguirono nel cantiere dopo Arnolfo, sollecitati dalle richieste dei committenti di creare la più grande cattedrale che il mondo avesse visto, costruirono un tamburo al di sopra del coro, per innalzare ancora di più la cupola. Questo espediente, purtroppo, rese vano qualsiasi tipo di appoggio sulla base, determinando uno dei problemi più difficili da risolvere: la cupola doveva essere autoportante durante tutte le fasi costruttive.
Infine, la mancanza di legname nel territorio circostante faceva sì che l’intera costruzione procedesse senza la possibilità di usare le tradizionali centine, ovvero delle armature in legno che sostenessero la cupola durante l’asciugatura della malta.
Nel 1420, dopo lunghi e minuziosi calcoli e progetti, Brunelleschi iniziò la sua opera e la portò a termine in soli 16 anni, rivoluzionando totalmente le tecniche costruttive del tempo e inaugurando la nuova stagione rinascimentale.
Brunelleschi propose all’Opera un progetto arditissimo. Le tecniche impiegate furono il risultato di lunghi studi e diverse sperimentazioni. Egli riprese sicuramente l’architettura classica e quella persiana e sfruttò tutte le conoscenze di geometria e matematica del tempo. Tutti questi aspetti rendono la cupola un unicum nella storia, un’opera di frontiera tra l’epoca antica e quella moderna.
Brunelleschi costruì una cupola a forma ogivale, come la fiamma di una candela, così da permettere alla struttura di elevarsi notevolmente curvando in modo graduale. In questo modo ne garantì la stabilità rispettando le richieste dei committenti.
Per far sì che la cupola fosse autoportante l’architetto progettò una struttura molto simile a quella di una botte: realizzò due cupole concentriche tenute insieme da archi interni verticali e anelli di pietra e legno orizzontali. In questo modo gli anelli avrebbero impedito alla cupola di cedere alla spinta laterale.
La costruzione della cupola doveva avvenire in modo graduale e parallelo, per permettere che le due cupole si autosostenessero. L’operazione più complessa era quella di mettere in posa i mattoni con la malta senza avere un’armatura d’appoggio a sostenerli. Brunelleschi ovviò al problema ponendo alcuni mattoni a spina di pesce, facendo sì che fungessero da fermalibri per quelli orizzontali, garantendone la posa anche con la malta fresca.
Brunelleschi costruì una cupola a forma ogivale, come la fiamma di una candela, così da permettere alla struttura di elevarsi notevolmente curvando in modo graduale. In questo modo ne garantì la stabilità rispettando le richieste dei committenti.
Per far sì che la cupola fosse autoportante l’architetto progettò una struttura molto simile a quella di una botte: realizzò due cupole concentriche tenute insieme da archi interni verticali e anelli di pietra e legno orizzontali. In questo modo gli anelli avrebbero impedito alla cupola di cedere alla spinta laterale.
La costruzione della cupola doveva avvenire in modo graduale e parallelo, per permettere che le due cupole si autosostenessero. L’operazione più complessa era quella di mettere in posa i mattoni con la malta senza avere un’armatura d’appoggio a sostenerli. Brunelleschi ovviò al problema ponendo alcuni mattoni a spina di pesce, facendo sì che fungessero da fermalibri per quelli orizzontali, garantendone la posa anche con la malta fresca.
A rendere ancora più straordinaria e incredibile questa operazione vi fu l’organizzazione che Brunelleschi fece del cantiere. Egli introdusse delle macchine che sfruttando l’energia animale innalzassero i materiali verso l’alto, evitando che gli operai li trasportassero a mano. Costruì, inoltre, delle impalcature con piattaforme che fungessero da luoghi di ristoro e sosta. In questo modo obbligò tutti gli operai a non scendere mai a terra durante i lavori, riducendo al minimo il rischio di caduta.
Brunelleschi si trasformò in un vero e proprio progettista di cantiere, unico ad avere la responsabilità del progetto e della sua esecuzione. Ogni passaggio, calcolo e problema doveva passare sotto il suo vaglio. Egli si prese carico di tutti gli ambiti costruttivi, gestendo in prima persona ogni azione. Questo modo di organizzare il cantiere, che noi potremmo considerare “moderno”, in realtà era estremamente rivoluzionario per l’epoca. Anticamente, infatti, i cantieri erano gestiti attraverso la collaborazione delle corporazioni di mestieri, senza un progettista a capo di tutta l’operazione. Ogni persona a capo della corporazione era responsabile di tutte le operazioni legate al proprio mestiere. Anche in questo, Brunelleschi fu un visionario, cambiando decisamente il fare architettonico.
A rendere ancora più straordinaria e incredibile questa operazione vi fu l’organizzazione che Brunelleschi fece del cantiere. Egli introdusse delle macchine che sfruttando l’energia animale innalzassero i materiali verso l’alto, evitando che gli operai li trasportassero a mano. Costruì, inoltre, delle impalcature con piattaforme che fungessero da luoghi di ristoro e sosta. In questo modo obbligò tutti gli operai a non scendere mai a terra durante i lavori, riducendo al minimo il rischio di caduta.
Brunelleschi si trasformò in un vero e proprio progettista di cantiere, unico ad avere la responsabilità del progetto e della sua esecuzione. Ogni passaggio, calcolo e problema doveva passare sotto il suo vaglio. Egli si prese carico di tutti gli ambiti costruttivi, gestendo in prima persona ogni azione. Questo modo di organizzare il cantiere, che noi potremmo considerare “moderno”, in realtà era estremamente rivoluzionario per l’epoca. Anticamente, infatti, i cantieri erano gestiti attraverso la collaborazione delle corporazioni di mestieri, senza un progettista a capo di tutta l’operazione. Ogni persona a capo della corporazione era responsabile di tutte le operazioni legate al proprio mestiere. Anche in questo, Brunelleschi fu un visionario, cambiando decisamente il fare architettonico.
Brunelleschi morì nel 1446, poco dopo aver vinto il concorso bandito per la costruzione della lanterna superiore, terminata da Antonio Manetti nel 1460. L’architetto geniale, che riuscì a voltare la Cupola, non lasciò nulla del suo progetto, preferì affidare ai posteri l’enigma della soluzione, un enigma che non è ancora totalmente svelato. La Cupola di Santa Maria del Fiore rappresenta ancora oggi, dopo seicento anni, la cupola in muratura più alta del mondo.