Il 19 marzo in tutti i paesi cattolici si ricorda e festeggia San Giuseppe, il più importante tra i santi della Chiesa Cattolica, in quanto Patrono della Chiesa Universale.
Nel 2020, per la ricorrenza dei 150 anni dalla dichiarazione a patrono, papa Francesco ha indetto un Anno Speciale dedicato alla figura di San Giuseppe, definendolo: “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”.
Scopriamo insieme le origini di questa festa e come si festeggia a Firenze.
Come gran parte delle festività cristiane, anche la festa di San Giuseppe è stata istituita a partire da celebrazioni pagane.
Siamo a marzo, la natura si risveglia, gli eserciti tornano a combattere, la campagna inizia a produrre: è tempo di sperare nell’arrivo di un anno ricco e fertile. Proprio in questo periodo, quindi, nell’antichità si organizzavano riti dionisiaci e baccanali per propiziare i raccolti.
Al posto di queste feste pagane i primi cristiani, nel IV secolo, iniziarono a festeggiare Giuseppe, padre putativo di Gesù e simbolo di umiltà e dedizione alla famiglia. La festa, sebbene non ufficializzata, è stata tramandata nel tempo anche grazie ai Benedettini, ai Servi di Maria e ai Francescani. La festività fu infine istituita da papa Gregorio VI nel 1620.
Come in tutte le città cristiane, il 19 marzo era giorno di festa anche a Firenze, in particolare a partire dal 1720, anno in cui Cosimo III de’ Medici decise di considerare San Giuseppe protettore della famiglia Medici e della sua discendenza.
Nonostante ciò Cosimo III non ebbe molta fortuna, dato che da lì a poco sarebbe morto il suo unico erede maschio Gian Gastone, mettendo fine alla dinastia granducale. Ma nella città di Firenze rimase viva la tradizione, che ancora oggi si perpetua, di anno in anno.
I festeggiamenti inaugurati da Cosimo III erano di carattere sia religioso che civile. Processioni, parate solenni con i più importanti membri della città e lunghi cortei di carrozze addobbate riempivano le strade di Firenze. La celebrazione della funzione religiosa nella chiesa di San Giuseppe concludeva queste sfilate.
Tutti i fiorentini, dopo aver partecipato alla messa, si spostavano nella vicina Santa Croce per divertirsi tra i banchini della fiera. Tra leccornie, panini al lampredotto, vestiti, tessuti, prodotti della terra e manufatti artigianali, i cittadini trascorrevano la serata di festa nella bellissima piazza, terminando le loro cene con le celebri frittelle di riso di San Giuseppe.
Ancora oggi al termine del pranzo del 19 marzo è tradizione gustare questi dolcetti, un’antica e semplice ricetta che caratterizza da secoli la cucina toscana.
Questo dolce fu così amato dal popolo che nel dialetto fiorentino viene chiamata “frittella” anche la macchia di olio sui vestiti, la stessa che si rischiava di avere al termine delle serate alla fiera di Santa Croce.
Cuocete il riso con il latte, lo zucchero, il burro e la scorza di limone. Aspettate che il riso abbia assorbito tutto il latte e poi lasciatelo raffreddare in una ciotola.
Unite al riso la farina e il lievito setacciati e i tuorli delle uova. Aggiungete poi altra scorza di limone e l’uvetta, se preferite imbevuta precedentemente nel rum. Infine incorporate al preparato gli albumi montati a neve.
Con l’aiuto di un cucchiaino create delle palline di composto e friggetele nell’olio precedentemente riscaldato. Quando hanno raggiunto la giusta doratura potete passarle su un panno ammorbidente e infine nello zucchero.
Avete delle varianti della ricetta? Ditecelo nei commenti!
Buona festa del papà!
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